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GDPR 7 mesi dopo: ecco i primi dati

GDPR 7 mesi dopo: un lasso di tempo breve eppure sufficiente per verificare la salute di un provvedimento che, nel maggio del 2018, ha permesso di rendere più trasparente e affidabile la protezione dei dati personali e la privacy dei cittadini residenti nella Comunità Europea. Questo regolamento, che ha coinvolto ben il 90% delle imprese mondiali, ha modificato radicalmente il modo in cui viene raccolto e gestito il consenso da parte degli utenti di internet. I primi dati, secondo il report settimanale di Teads, parlano chiaro: soltanto il 5% dei cittadini rifiuta l’utilizzo dei cookie per ricevere pubblicità personalizzate.

Un risultato significativo e reale soprattutto se si considera che la famosa piattaforma fondata da Pierre Chappaz raggruppa ben due terzi dei 300 editori mondiali. Con un reach superiore all’85% e il raggiungimento di 1,2 miliardi di utenti unici in tutta Europa, Teads con le sue statistiche offre uno spaccato assolutamente veritiero di una realtà che ha modificato profondamente la comunicazione tra aziende e privati cittadini. Basti pensare ad esempio ai circa 1000 siti statunitensi, tra i quali i celebri Chicago Tribune e New York Daily News, che hanno rinunciato alla visibilità in Europa o sono stati oscurati.
Sull’advertising personalizzato i cittadini dell’Unione Europea hanno le idee chiare. Il 50% ha espresso il suo parere circa l’utilizzo dei cookie per la profilazione. Il 95% degli utenti è favorevole mentre, come abbiamo già anticipato, soltanto il 5% rifiuta la pubblicità targettizzata. La percentuale dei no cambia in base al paese di appartenenza. Mentre in Inghilterra siamo sul 7%, in paesi come l’Italia e la Spagna la percentuale si abbassa fino al 2%.Questo comportamento conferma quanto emerso da una recente ricerca della società inglese DMA. Il 62% dei cittadini britannici ha dichiarato che la fiducia nella condivisione dei propri dati personali con le aziende è nettamente migliorata grazie all’entrata in vigore del GDPR. Non solo, il 60% degli intervistati ha dichiarato di comprendere e approvare la necessità dei brand di accedere ai dati personali per impedire un email marketing non attinente alle loro abitudini di vita e alle preferenze d’acquisto.

Sempre secondo Teads, i primi dati dopo 7 mesi dall’entrata in vigore del GDPR mostrano come il 63% del traffico degli editori europei passa attraverso una CMP ovvero una piattaforma per la gestione del consenso. Questa soluzione svolge un duplice ruolo. Da una parte è il mezzo che permette all’utente di esprimere il proprio assenso o il rifiuto dei cookie di profilazione, dall’altra la CMP consente alle aziende di adeguarsi facilmente alla normativa. La Spagna, con un tasso di implementazione dell’82,2%, guida la classifica dei Paesi che hanno adottato tale piattaforma. E in casa nostra? Secondo i dati comunicati dal Garante Italiano della Privacy tra maggio e settembre sono state ben 40.738 le organizzazioni pubbliche e private che hanno comunicato all’Autorità i dati di contatto del proprio Data Protection Officer (DPO) e 2547 i reclami (nel 2017 erano stati 1795). Le notifiche di Data Breach ex articoli 33 e 34 del regolamento GDPR hanno superato quota 300 mentre i contatti con l’URP (Ufficio Relazioni del Pubblico del Garante) sono stati più di 7200. In conclusione, i dati relativi a 7 mesi di GDPR ci rivelano una realtà interessante. Il cittadino, mai come in questo momento, ha acquisito una profonda consapevolezza circa la conoscenza e la gestione dei propri diritti in tema di trattamento dei propri dati personali.
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